Riflessione domenicale 3 maggio 2020

Probabilmente Gesù ha utilizzato la similitudine agreste del pastore e delle pecore pensando di riuscire a tramandare il suo messaggio in maniera più incisiva nei confronti dei discepoli, ma essi non hanno immediatamente compreso. 

A ben pensare, anche alle nostre orecchie potrebbe suonare un poco umiliante sentirci definire pecore nei confronti di lui nostro pastore, quasi fossimo in maniera irriflessa a lui assoggettati. 

Infatti Gesù specifica e approfondisce questa immagine chiarendo che è stata da lui scelta per il fatto che tra pastore e pecore esiste un legame di conoscenza che passa soprattutto perché l’animale, debole di vista, riconosce il suo pastore dalla voce, attraverso l’ascolto e il riconoscimento del suo timbro. Come il pastore conosce per nome le pecore e le pecore ne riconoscono la voce, così il Signore conosce ciascuno di noi e noi siamo conosciuti personalmente da lui. Questo è il suo messaggio. 

Di questa relazione particolare che corre tra noi e lui dice due aspetti particolari.

Il primo: egli è un pastore buono e cammina alla testa delle pecore.

Il termine “buono” sta a indicare “vero”. Della sua verità ci ha reso testimonianza con il fatto che ha offerto realmente tutta la sua vita fino a comprometterla, a perderla, perché noi ne fossimo beneficati. Non solo: lo stile che lo distingue è proprio di colui che sta alla testa di una fila, cioè ne imprime la direzione, ne orienta i passi, ma senza forzare o punire chi, nella propria libertà, sceglie altri maestri. Non è la quantità degli aderenti a determinare la verità di una persona, ma la fondatezza, la bellezza e l’autenticità della meta verso la quale fa camminare le persone che di lei si fidano. Sempre più noi cristiani siamo minoranza, ma questo non ci intristisce; anzi, ci fa essere più simili a Gesù e ci fa lodare il Padre perché ha rivelato ai piccoli e ai semplici le ricchezze del Regno.

 

Il secondo aspetto: egli si dichiara “porta” delle pecore.

La vita secondo pienezza non è accessibile da più strade. È lui la porta che conduce alla vita in abbondanza. Egli lo afferma a scapito di altri sedicenti padroni che in realtà sono mercenari che sfruttano il gregge. Tuttavia credo che lo ribadisca anche per noi, che ci sentiamo suoi: solo attraverso di lui accediamo ad una vita piena. Se penso alla nostra vita, almeno prima dell’epidemia, riconosco che se non piena, la vita della maggior parte di noi era riempita di tante cose. Gesù insiste anche oggi nel suo voler darci una vita piena: altro rispetto all’essere riempita o affollata.
In questi giorni credo che ciascun cristiano stia facendo i conti su quanto sia più o meno decisivo il rapporto di fede-fiducia con Cristo nella propria vita. Si comprende bene come senza Cristo si manca di molto. 

Credo che l’abbondanza e la pienezza di vita su cui Gesù insiste ci porti a comprendere che egli ci sta invitando a non accontentarci di una vita che non compia il male e faccia qualche buona azione. Con queste cose, per quanto lodevoli, non si giunge a una pienezza. 

Facciamo esperienza di abbondanza di vita quando al Signore Gesù apriamo il cuore consentendogli di illuminare la nostra coscienza per riconoscere la nostra lontananza da lui e ricevere il perdono che fa risorgere;                                      quando gli diamo il permesso di mettere nel nostro cuore la speranza capace di includere anche la morte come un passaggio alla vita senza fine;                     quando gli permettiamo di parlare al nostro cuore attraverso la Scrittura mentre facciamo esperienza del male innocente;                                                              quando gli chiediamo di inondare il nostro cuore del suo Spirito perché ci abiliti ad amare senza misura chi non ci fa del bene.

La sua presenza celebrata nei sacramenti, custodita nella nostra memoria e sulle nostre labbra ci farà compiere gesti simili a quelli del Figlio di Dio, colui che ha fatto della sua vita, delle sue doti, delle sue capacità, del suo studio e della sua professionalità un’offerta per testimoniare la salvezza che il Padre ha preparato per ciascun uomo.

Dal legame con Cristo scaturisce questo Bene “pieno” e il desiderio di fare della propria esistenza un riflesso della bellezza di Dio. Preghiamo in questa domenica per le vocazioni, chiedendo al Signore che conceda a tanti cristiani, soprattutto ai giovani, di potersi fidare di questa Porta, di questo Pastore Vero che orienta verso la pienezza di cui tanto sentiamo desiderio perché possiamo avere la vita in abbondanza e perché il mondo possa credere.    

dM